"BETTY"
 
 
 
Ho letto il libro in due giorni, subito dopo "Tweet di un discorso amoroso" (vedi post del 22/9/2013). Nella diversità della narrazione lo stupore e l'ammirazione nei confronti dell'autore è stata identica.
Un libro nel libro, la storia di una storia, trovata e raccolta con rispetto e delicatezza, raccontata e regalataci con tenerezza.
Nelle mie poesie parlo spesso dei miei sentimenti, sì ma come si descrivono i sentimenti? Come si descrive una cosa astratta?
Leggendo "Betty" ho letto l'amore, la sofferenza, il dolore, l'angoscia, lo sconforto, la rabbia e la rassegnazione, perché tutto era tangibile, direi visibile nelle righe stesse.

Mi ha fatto riflettere il fatto di come può cambiare la nostra vita, con le sorprese che ci riserva, come una vita ricca di lavoro, soddisfazioni e fama, possa divenire vuota e inutile, dolorosa da continuare a vivere, dopo un evento luttuoso. Georges Simenon aveva sì sofferto per la malattia della moglie, ma nello scrivere i suoi libri aveva trovato le motivazioni stesse per vivere, aveva amato tante donne, aveva vissuto. Poi il suicidio della figlia, che apre un baratro e un dolore infinito, che segna Simenon, un dispiacere senza possibilità di alcuna rimozione, che riaffiora prepotentemente nella storia di Betty.
Roberto Cotroneo s'imbatte per caso in questa storia, che qualcuno gli fa trovare. Con deferente sacralità la raccoglie, la ricompone e ce la narra. Ci narra di questo grande scrittore che, a differenza dei suoi altri libri, in questa storia decide di stare dalla parte dei perdenti, riscrivendo il finale, forse perché anch'egli sente di esserlo, sente di aver perso nella vita, un perdente che non ha più pudore alcuno nel mostrare la sua fragilità umana. Anziano, col cuore consumato dalla sofferenza ed il cervello dalla malattia che non dà scampo, ci lascia sgomenti, smarriti, nel domandarci se e quanto è in nostro potere il cambiare la storia e i suoi eventi, per impedire il loro verificarsi.
Un libro tanto triste quanto vero, perché la sofferenza non risparmia nessuno, neanche i famosi scrittori, perché i suoi sentimenti sono gli stessi che proviamo noi, perché siamo tutti uguali, perché il dolore ci accomuna, accomuna il genere umano e l'epilogo della vita non è felice per nessuno.
 

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