"La musica nel cuore" di Doriana De Luca.
Mi rendo conto che parlare di musica mi è difficile, più di quanto si
possa pensare. Forse perchè sono abituata a parlare con Lei, mi dico. Forse
perchè avverto la sua presenza in davvero troppe cose. Non solo quando appoggio
un vinile sul giradischi, con cura, come se rimboccassi delicatamente le
coperte ad un bambino, quando, dopo aver scartato un CD, inizio ad ascoltarlo
con il libretto dei testi stretto fra le mani, o quando vivo l'emozione di un
concerto, stretta in prima fila sotto il palco o nelle file migliori di un
teatro. Per me, anche il suono delle pagine di un libro sfogliate con foga,
perchè non si vede l'ora di leggere i prossimi capitoli, è musica. Per quanto
appaia scontato dirlo, dovrei davvero parlare di tutto (o quasi) per riuscire
a spiegare il ruolo che questa affascinante "Strega Capricciosa",
come la definisce il pianista contemporaneo Giovanni Allevi, riveste nella mia
vita. Non ricordo con esattezza quando è stata la prima volta che ho ascoltato
una canzone...e il motivo è molto semplice: probabilmente ero davvero troppo
piccola. Mio padre mi ha sempre raccontato di aver cantato per anni a me e a
mio fratello "Summertime" di Janis Joplin per farci addormentare,
mentre ci cullava paziente. Cresciuti un po', tutte le domeniche mattina i
miei genitori accendevano lo stereo e noi ci svegliavamo una volta con la
poesia di Fabrizio De Andrè, un'altra con la carica dei Beatles, un'altra
ancora con le fantastiche interpretazioni di David Bowie. Insomma, non c'è
stato giorno in cui questa "passione familiare" non sia stata
trasmessa a noi figli, che, curiosi, abbiamo ascoltato ed assorbito tutte le
sfaccettature dei diversi generi, dal cantautorato italiano, al rock&roll,
fino al blues e al progressive rock. In particolare questo genere ha svolto un
ruolo importante nella mia "storia d'amore" con la musica. Uno dei
più grandi gruppi della scena progressive di sempre sono senza dubbio i Jethro
Tull, e un pomeriggio mio padre mi fece ascoltare un brano molto particolare.
Il fondatore e frontman del gruppo Ian Anderson eseguiva "Bourée", un
arrangiamento di una Bourreè di Johann Sebastian Bach...al flauto traverso.
Avevo appena 10 anni quando per la prima volta rimasi estasiata dal suono di
quello strumento, che ascoltai ben presto nel repertorio della musica
classica. Inutile dire che, approfittando di una borsa di studio offerta dalla
scuola di musica brindisina "Girolamo Frescobaldi", scelsi di imparare
a suonare proprio quello strumento, il flauto traverso. Degli anni in quella
scuola ricordo con piacere le lezioni con il mio maestro di allora, i concerti
in gruppo e i saggi di fine anno. Ma soprattutto ricordo una passione sempre
più forte che cresceva in me...la stessa passione che mi spinse a tentare,
qualche anno dopo l'ammissione al conservatorio "Tito Schipa" di
Lecce. Ora, appena diciottenne, frequento il conservatorio da cinque anni, e
in questo tempo ho imparato tante cose. Ho capito realmente il perchè la musica
si meriti l'appellativo di "Strega Capricciosa". Ho scoperto che, una
volta che la musica ha conquistato il nostro cuore, siamo noi a dover
conquistare Lei, sfidandola come si fa solo con chi si ama davvero. Mi sono
resa conto più e più volte, delle attenzioni continue di cui Lei ha
bisogno...come se fosse un'innamorata insicura che necessita di continue
attenzioni e dimostrazioni per rimanerti fedele. Molto spesso, in questi anni,
è anche capitato che qualcuno mi abbia chiesto cosa provo, qual è l'emozione
che si impossessa di me quando suono. Pensandoci, mi rendo conto di aver
risposto quasi sempre che è una sensazione troppo difficile da esprimere con le
parole. "E' inspiegabile", ho sempre detto con voce trepidante. Poi,
un giorno, mi sono imbattuta in un'intervista del famoso flautista italiano
Severino Gazzelloni, soprannominato "flauto d'oro" per la sua
strabiliante bravura. Alla domanda che mi aveva lasciato sempre
"muta" lui rispondeva: "E io ho soffiato, soffiato.
D'improvviso dalla canna è uscito il suono, e insieme al suono anche il mio
cuore che mi premeva in gola, spingeva, quasi mi soffocava, non capivo più
niente. C'era solo quel suono che usciva dal flauto e contemporaneamente
entrava dentro di me, s'infilava nel mio cervello, nelle ossa, nello stomaco.
Quel suono era tutt'uno con me. Da allora è sempre stato così. Ogni volta che
dal flauto mi escono le prime note, ritrovo l'emozione e lo stupore del mio
fiato che diventa suono, io sono quel suono". Ricordo che, quel giorno, mi
sono davvero commossa. Perchè queste parole così semplici, ma intense
rispecchiano esattamente quello che sento "ogni volta che dal flauto
escono le prime note". Rispecchiano quello che ho provato tanti anni fa,
quando, dopo mesi di esercizi teorici, ho impugnato per la prima volta un
flauto traverso tra le mie mani ancora di bambina e sono "diventata
suono"...un sol, per la precisione. Da allora la musica, la
"mia" musica, è sempre stata quella che ha reso possibile che io
diventassi suono. È l'unico modo che conosco per far parlare la mia anima, per
renderla libera. È il mio personale linguaggio e non penso che mi stancherò mai
di "parlare". Non solo di Lei, non solo con Lei...ma grazie a Lei.
Doriana De Luca
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