LA TESI DEL RITORNO ALLA POESIA
                              di Giuliano Pallotta

Sono passati circa due secoli da quando Giovanni Berchet scrisse "ogni popolo avente lettere e civiltà avrà poesia".
Due secoli durante i quali la civiltà ha imboccato una strada diversa da quella intesa da Berchet, e la poesia si è persa con essa.
In questo doloroso declino hanno trovato spazio il cinismo e la freddezza dei romanzi.
Sarebbe dunque opportuno chiedersi cosa mancasse alla poesia rispetto al genere romanzo.
Potremmo semplicemente rispondere che le differenze sostanziali stanno nella forma, nell'obiettivo letterario dell'una e dell'altro; ma vogliamo in questo contesto trattare un tema tanto profondo quanto raro, l'incontro.
La poesia ha una concezione dell'incontro differente, che non si basa sul confronto col diverso, ma sulla ricerca della diversità fra una metà di noi stessi e l'altra.
La poesia è introspezione, è l'incontro con se stessi.
Da secoli abbandonata a se stessa, la poesia tornerà a far parte della nostra vita quando avremo definitivamente perso l'equilibrio e la "consapevolezza di noi stessi" ed avvertiremo il bisogno di ritrovarli.
Questi valori gradualmente schiacciati dall'era avanguardista, affarista ed individualista, non resisteranno a lungo alla superiorità, "votata per conformismo", dei nuovi "padroni dei nostri incontri", i social network.
L'incontro letterario fra due personaggi, quali invenzione dell'autore, è senz'altro più vicino alla realtà di quanto possa invece apparire l'incontro virtuale fra due persone vere.
Perderemo con il tempo la concezione del reale, le convinzioni accumulate in secoli di storia, e ci ritroveremo a dubitare sulla centralità del nostro ruolo nella nostra vita.
Allora, avvertiremo lo strano bisogno della poesia.
Saremo noi a tornare da lei, sperando che possa dimenticare i secoli di abbandono in cui ci siamo dedicati ad altro, in cui ci siamo persi, noi, non lei.

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