A.lib.i. è un'associazione Culturale senza fine di lucro, che ha per finalità istituzionale la produzione, la pratica, la diffusione e la promozione dell'attività teatrale. E' nata a Tricase nel gennaio 2013 dall'esperienza di attori professionisti e non, con anni di attività teatrale alle spalle in tutta la provincia di Lecce e oltre.
Mi sembra, anche questa volta, doveroso segnalarvela, perché è un altro tassello che si aggiunge agli altri che compongono l'arte della nostra Puglia.
La compagnia ha tenuto laboratori teatrali a Tricase, Corigliano, Matino, Miggiano e Lecce, ma anche realizzato numerose produzioni in generi che vanno dalla tragedia alla farsa, passando per il dramma e lo spettacolo filosofico.
A.lib.i. ha prodotto "La poetessa della porta accanto", recital tratto dal "Alda Merini, il sigillo della poesia", libro di Piero Manni, edito da Manni Editori.
Vincitore del bando "A.c.a.i.t. Scuola di Formazione" indetto da Liquilab e da Bollenti Spiriti della Regione Puglia con il progetto "Acait fa: 'a fatica"-
A.lib.i. ha inoltre curato la sezione "Ti presento un filosofo" del Giardino di Sophia, iniziativa artigian-filosofico del Comune di Corigliano d'Otranto, con spettacoli itineranti tratti dalle opere di Giulio Cesare Vanini, Friedrich Nietzsche ed Epicuro.
Sempre a Corigliano ha messo in scena "Il Presepe nel Paese di Sophia, Viaggio alla ricerca della Verità", realizzato con gli studenti dell'Istituto Comprensivo di Corigliano d'Otranto.
Ma quello che voglio mostrarvi, è il repertorio degli spettacoli della stagione estiva 2014:
 
Commedia
"Ciò che vide il maggiordomo"
di Joe Orton
 
Quando il Dr Prentice, uno psicanalista alla ricerca di una segretaria, chiede ad una candidata di spogliarsi mai si aspetterebbe di essere interrotto dalla moglie, dall'amante di questa, da un ispettore del lavoro impiccione e da un ufficiale di polizia assai inquisitivo.
 
 
Ma una donna nuda dietro un paravento è solo la scintilla che fa scattare un esilarante climax di libidine e scambi d'identità in cui il senso del decoro viene definitivamente sepolto.
 
 
Inedita al tempo della morte dell'autore, "Ciò che vide il maggiordomo" è una farsa dal ritmo sferzante e tipicamente inglese per asciuttezza di dialoghi e parossismi comici.
 
 
Orton punta il dito contro le categorizzazioni delle persone, nel bene o nel male, sottolineandone l'inutilità.
 
 
 
 
"La concessione del Telefono"
di Adrea Camilleri
 
 
E' la Sicilia dell'estate 1891. Filippo Genuardi non sa ancora cosa comporterà la richiesta, avanzata ai regi uffici, della concessione di una linea telefonica ad uso privato.
La scalata agli adempimenti burocratici, le malelingue, il sospetto da parte delle istituzioni, i ritardi e gli equivoci si sommeranno in quella provincia di Sicilia che Camilleri descrive così bene non solo e non tanto negli ambienti, quanto negli animi. Al margine di un'Italia neounificata ogni equilibrio è traballante e basta l'errore di una sillaba scritta in una lettera istituzionale a scatenare i sospetti dei funzionari statali contro il protagonista, sospettato di essere un rivoluzionario, che dovrà allora cercare ausilio presso gli amici, ora presso la mafia in un vortice inarrestabile che complicherà sempre di più la trama fino al colpo di scena finale. Prontamente messo a tacere.
 
 
 
Teatro contemporaneo e civile
 
 
"Giusto la fine del mondo"
di Jean-Luc Lagarce
 
Dal cerchio dei familiari stretti a quello della famiglia elettiva degli amici e degli amori, dal tempo passato o futuro che accade e riaccade nel presente della rappresentazione, dalle difficoltà a dire e a come dire le cose, il teatro di Jean-Luc Lagarce incontra e incrocia molti sentieri.
Ma lui parte sempre dallo stesso punto: l'individuo solo al mondo che volontariamente - per affrontare (risate e lacrime, stessa battaglia), per sentirsi meglio, per regolare i conti o fare il punto - oppure involontariamente, spinto dalle circostanze, si trova a contatto con l'altro, o più esattamente con gli altri perché il teatro di Lagarce è prima di tutto un teatro di gruppo, si tratti di famiglia, amici, colleghi e persino del pubblico. Tutti i testi di Lagarce sono storie di incontri in un luogo unico e indistinto. Una storia che si riduce semplicemente e precisamente a questo incontro.
 
 
In "Giusto la fine del mondo" (1990) ritroviamo due uomini, Louis e Antoine, e una donna, Suzanne, fratelli e sorella. Antoine si è sposato con Catherine, i due vivono nella stessa cittadina della madre, che abita nella casa di famiglia con Suzanne. Louis se n'è andato da molto tempo. In un prologo, questi dice di essere tornato dai suoi per annunciare che sta per morire, ma se ne andrà la sera stessa senza aver detto niente. Il padre è morto, si capisce che l'autorità paterna - prerogativa del fratello maggiore Louis - è passata, a causa dell'assenza di quest'ultimo, sulle spalle di Antoine.




 
Nei testi di Lagarce tutto gira attorno allo scambio verbale e al suo carico di confessioni, rivelazioni, rimorsi, silenzi, di cose non dette a lungo trattenute o difficilmente dicibili, e di cose dette alla fine, a volte con violenza. La forza poetica della scrittura di Lagarce risiede in questo movimento del dire che risulta spesso uno strazio.
L'oralità della lingua è qui come presa alla sua fonte, nel suo emergere maldestro, esitante, a volte impedito e ostinato, attraverso un ritmo, un respiro che dà filo da torcere agli attori prima di offrirgli un raro piacere nel recitarlo. Sotto l'apparente ripetizione di parole, si recita la recita della verità del dire che in Lagarce non è estranea all'imbroglio.
 
 
E accade con il suo teatro ciò che accade con quello di Cechov - di cui è per molti aspetti l'erede - resiste a tutte le prove, il che risulta sempre marchio di grande opera.
Durante la sua vita, Lagarce non vedrà nessuna di queste quattro pièce rappresentate. "Giusto la fine del mondo" sarà rifiutata in tutto il mondo (anche dall'usuale editore di Lagarce) mentre l'autore era in vita. Oggi, a pochi anni dalla sua morte, "Giusto la fine del mondo" è entrato nel repertorio della Comédie Française nel 2008 e in quello della maturità liceale francese. Un'ironia della storia che non sarebbe dispiaciuta a Jean-Luc Lagarce.
 
 
 
"L'Istruttoria"
di Peter Weiss
 
L'opera è tratta dagli appunti che il drammaturgo Peter Weiss prese durante il processo all'Olocausto, tenutosi a Francoforte fra il 1963 e il 1965, il primo voluto dal governo tedesco a vent'anni dalla chiusura dei Lager. Nei due anni di processo centinaia di testimoni raccontarono le atrocità di Auschwitz, portando alla condanna di quasi tutti gli imputati.
 
 
In un non-luogo della memoria una schiera di personaggi, anime dannate nel purgatorio di un ricordo feroce, i canti de "L'Istruttoria" indagano l'esperienza dei campi di concentramento nazisti, in un'operazione che appare più liturgica che scenica. Nella violenza delle parole, che nulla aggiungono e nulla tolgono alla reale bestialità degli accadimenti narrati, ritroviamo il senso profondo della necessità di memoria collettiva.
Ciò che viene testimoniato, in una sorta di interrogatorio giudiziario, mira a destare allo stesso tempo vergogna, per l'appartenenza ad un genere capace di tali bassezze, e riflessione profonda circa la follia, per nulla lontana dai nostri giorni, di chi tende a ridurre ai margini tutte quelle tipologie d'umano ritenute scomode.
Attraverso la semplicità dell'allestimento scenico, costituito per lo più da vecchie valige, viene rimandata la condizione del sopravvissuto, parvenza d'uomo che mai più sentirà di poter prendere parte ad una esistenza della quale ha conosciuto il peggio.
Da qui il senso del titolo dell'opera di Weiss. L'"Istruttoria", che nel suo significato originale tederschi o "Die Ermittlung" muove dall'immediato significato giuridico per acquisire il senso di "accertamento della verità", una verità crudele e tanto folle da apparire quasi intrattabile.
 
 
Teatro filosofico
 
 
"Aurora. FRIEDRICH NIETZSCHE"
 
"Il paziente mostra evidenti spunti paranoici di megalomania: dichiara di essere un grande filosofo" (dalla cartella psichiatrica di Nietzsche al manicomio di Jena, 1889).
Uno spettacolo itinerante a cura degli artisti di Alibi Teatro nelle sale del Castello de' Monti di Corigliano d'Otranto, frutto di una selezione accurata delle opere di Nietzsche a cura di Ezio Piccolo, con performance che superano il teatro coinvolgendo tutte le arti dello spettacolo dal vivo: musica, pittura, video arte fidando in un contributo tecnologico e multimediale.
Lo spettacolo indaga sulla natura della sua pretesa follia, volontaria come una forma di ascesi superiore o frutto dell'enorme sforzo creativo svolto nei suoi ultimi anni?
"Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. e se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te".
F.N. "Al di là del bene e del male".
 
 
"IL PIU' BELLO E IL PIU' MALIGNO SPIRITO"
Storia di Giulio Cesare Vanini
 
Vi parlerò di un insigne ateo, filosofo e medico, il quale è stato, su mio rapporto, condannato dalle due camere unite ad essere bruciato. Egli è morto come ateo perseverante, in assoluto il più bello e il più maligno spirito che io abbia conosciuto. Il suo nome era Giulio Cesare Vanini.
GUILLAME DE CATEL
E' il racconto di un viaggio, di arresti e fughe, conversioni e spie e tradimenti e di un'amicizia tra Giovanni Maria Ginocchio, frà Bonaventura per i Carmelitani col fratello Gabriele, al secolo Giulio Cesare Vanini, originario di Taurisano nelle Puglie, che fu anche nominato Pomponio Usciglio o Lucilio: ateo e a un tempo chierico, cattolico e anglicano; apostolo di satana o patrono dell'ateismo, aquila degli atei o perfetto credente, libertino o panteista, pazzo esaltato o copione sprovveduto, incestuoso, maledictus, ma anche eroe e martire della filosofia.
Spettacolo itinerante sul libertino del 1600 Giulio Cesare Vanini, drammaturgia Gustavo D'Aversa, Consulenza Scientifica Mario Carparelli.
 
Non vedo quale altro commento aggiungere  a quelli già esaustivi della  programmazione, che spero di aver riportato il più fedelmente possibile. Non mi resta che darvi un arrivederci in prima fila, per applaudire insieme quanti hanno lavorato per la realizzazione degli spettacoli, prestando la loro opera mossi solo dalla nobile passione per il Teatro.
 
Per info: 329.1271425
Via G.Di Vittorio, 20 - Tricase (Le)
 

Commenti

Post più popolari